Pubblico impiego contrattualizzato: diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori

Pubblico impiego contrattualizzato: diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori

 

La Suprema Corte di Cassazione, con la recente ordinanza 25848 del 1 settembre 2022, ha statuito che, in materia di pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni o alle previsioni dei contratti collettivi, né all’operatività del nuovo sistema di classificazione del personale introdotto dalla contrattazione collettiva, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all’intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 cost. 

La Cassazione ha inoltre evidenziato che il diritto a percepire la retribuzione commisurata allo svolgimento, di fatto, di mansioni proprie di una qualifica superiore a quella di inquadramento formale, non è condizionato alla legittimità, né all’esistenza di un provvedimento del superiore gerarchico, e trova un unico limite nei casi in cui l’espletamento sia avvenuto all’insaputa o contro la volontà dell’ente, oppure quando sia il frutto di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione di illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell’ordinamento.

Al fine di comprendere il principio statuito dalla Suprema Corte occorre premettere che òa speciale disciplina dello ius variandi contenuta nell’art. 52 D.Lgs. n. 165/2001 costituisce uno dei tratti di permanente specialità del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, giustificata dalla necessità di garantire un tendenziale controllo dell’amministrazione nell’accesso alle qualifiche superiori attraverso l’utilizzo di procedure selettive o concorsuali, nonché il controllo sulla spesa pubblica.

L’art. 52 D.Lgs. n. 165/2001 prevede che: “Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cu all’art. 35 comma 1 lett. A).

“L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione”.

Orbene, la predetta norma preclude il superiore inquadramento in via giudiziale pur nel caso di accertato svolgimento di fatto di mansioni superiori; nel rapporto di lavoro privato, invece, in caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta ed il diritto alla promozione (l’assegnazione diventa definitiva), salvo diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi.

Il comma 5 del art. 52 del D.Lgs. n. 165/2001, per quanto riguarda il pagamento delle differenze retributive, stabilisce che “Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore”.

La Cassazione, in linea con il principio affermato nella recente pronuncia, aveva comunque già statuito che “lo svolgimento di fatto di mansioni proprie di una qualifica - anche non immediatamente - superiore a quella di inquadramento formale comporta, in forza del disposto dell’art. 52, comma 5, D.Lgs. n. 165/2001, il diritto alla retribuzione propria di detta qualifica superiore ove i compiti siano stati svolti in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale e, dunque ove le mansioni superiori assegnate siano state svolte, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nella loro pienezza, e sempre che, in relazione all’attività spiegata, siano stati esercitati i poteri ed assunte le responsabilità correlate a dette superiori mansioni (Cass. S.U. 25837/2007)